martedì 3 luglio 2012

Cola e Cancan

Non aveva mai pensato di essere una persona semplice. Fin da quando si era posto delle domande su se stesso -non ricordava esattamente quando, ma di sicuro doveva aver iniziato molto presto-, non aveva mai pensato di essere una persona semplice. Avere a che fare con se stesso era sempre stato ingombrante, come convivere con troppe persone in uno spazio infinitamente ristretto per contenerle tutte senza lesinare loro lo spazio vitale.
Decisamente non era una persona semplice. E se lo ripeteva spesso. Spessissimo. Non gli faceva paura questa cosa di sé. Non è mica un male non essere una persona semplice.
"Certo è che, se fossi una persona semplice, probabilmente tutto sarebbe più semplice" si disse, e rise. Non era in sé quella sera. Per questo si ripeteva ancora più spesso del solito lo stesso concetto. E mica si dava noia. Anzi. Gli serviva per schiarirsi le idee. Per chiarire il concetto. Magari, un giorno, gli sarebbe tornato utile avercelo ben chiaro in testa. Chissà, per spiegarlo ad un estraneo. Chissà.
Non era in sé quella sera.
Eppure non aveva bevuto nulla. Una Cola con ghiaccio. E che vuoi che sia. Eppure non era in sé. La testa che vorticava di pensieri. O meglio, i pensieri che vorticavano nella testa, ballando un Cancan dal ritmo folle.
Fece ancora due passi per l'acciottolato deserto, impregnato di quella notte estiva e umida che ricopriva ogni cosa come un lenzuolo dalla trama troppo fitta. Procedeva col naso rivolto al cielo. La conosceva bene quella stradina. Non c'erano ostacoli. Tutt'al più avrebbe potuto dare un calcio a qualche bottiglia di vetro rovesciata lungo il percorso. Guardava le stelle. A guardare le stelle, diceva sempre suo nonno, un tale era caduto in un pozzo ed era morto. Così era morto: col naso per aria. Bé, mica male come modo per morire. Guardando le stelle. Che poi, quello là, era Talete. Non aveva mai pensato che Talete fosse una persona semplice.

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